
COLLI MACERATESI DOC
Il filo rosso della nostra cultura
La profonda unità culturale che contraddistingue l’intera zona di produzione dei vini DOC “Colli Maceratesi” va senz’altro fatta risalire ai Piceni, popolazione che nei tempi antichi dominava questa regione, prima che fosse inglobata dai romani. Durante la fase dell’Impero Romano, la coltivazione della vite conobbe un importante incremento a cui seguì una prima battuta d’arresto a seguito della sua caduta. A dare nuova linfa a questa attività furono quindi i monaci, in particolar modo quelli cistercensi, progressivamente insediatisi in varie zone delle Marche. A partire da questo momento, in un percorso di progressivo sviluppo e ammodernamento delle tecniche di lavorazione, la produzione di vino crebbe sempre di più, occupando un ruolo centrale tanto a livello economico che sociale. Un altro importante momento di questo felice progresso arrivò agli inizi del xx secolo, quando nelle Marche venne avviata una intensa fase di ricostituzione vinicola; fase che raggiunse il suo apice tra gli anni ’60 e ’70.
Il marchio DOC
È il 1975 l’anno del conferimento ufficiale del marchio DOC. Una conquista attesa con pazienza e fortemente voluta dall’intera comunità di produttori vinicoli concentrati da anni sull’obiettivo di migliorare e rendere veramente unici e irripetibili i propri vini. Le tipologie di vini rientranti nella categoria “Colli Maceratesi” DOC sono il bianco, il Ribona (entrambi da considerare anche nelle varianti passito e spumante), rosso (anche in versione novello e riserva) e, per finire, il Sangiovese. Ai fini della DOC, è fondamentale che ogni vino rispetti una specifica composizione ampelografica, dichiarata nel relativo disciplinare di produzione.

Qualità diverse per vini diversi
Essendo tanto numerosa la quantità e varietà delle tipologie di vini rientranti nella categoria “Colli maceratesi” DOC – 6 bianche e 4 rosse –, è normale che molto differenti siano pure le caratteristiche a distinguerle l’una dall’altra. Il bianco si presenta di colore giallo paglierino, il sapore è armonico in tutte e tre le varianti, più tendente al fruttato nel caso della versione spumante. Il Ribona, di colore simile al bianco, all’olfatto presenta un odore gradevole e delicato, che si fa più intenso e caratteristico nel passito. Il rosso, fiammeggiante nella sua veste rubina, ha un sapore molto ricco e strutturato, che si fa più fresco e vellutato nella tipologia novello. Per concludere, il Sangiovese, che condivide col rosso la tinta accesa, si contraddistingue per il suo tipico sapore secco e armonico al tempo stesso.
Terre maceratesi
La zona di produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata “Colli Maceratesi” fa interamente parte della provincia di Macerata con l’unica eccezione di Loreto, in provincia di Ancona. Delimitata a est dal mare Adriatico e a ovest dalla catena dei monti Sibillini, questa porzione di territorio marchigiano è caratterizzata da un paesaggio piuttosto omogeneo e di natura prevalentemente collinare, il cui elemento principale è la presenza di boschi, vite e svariate colture erbacee. Le tecniche di coltivazione, grazie al loro progressivo affinamento, permettono oggi, dopo anni di ricerca e lavoro, di sfruttare al massimo quanto l’ambiente naturale riesce ad offrire, nel pieno rispetto di quest’ultimo. L’ottenimento di una così ampia gamma di vini, tanto diversi quanto ad aspetto e sapore, ma identici quanto a qualità, è stato senza dubbio reso possibile da questa fruttuosa sinergia tra uomo e ambiente, complici anche le importanti innovazioni legate ai metodi di vinificazione (macerazione carbonica, appassimento, spumantizzazione).
L’ingrediente segreto
La produzione di spumanti nelle Marche sembra avere origini piuttosto remote. Questo, perlomeno, è quanto si evince da De salubri potu dissertatio, un trattato pubblicato nel 1622 dal medico fabrianese Francesco Scacchi. In questo scritto, infatti, troviamo un’attenta descrizione delle tecniche allora impiegate per ottenere lo spumante, anticipando persino quelle che verranno descritte, qualche tempo dopo in Francia, dal rinomato monaco Don Perignon.
L’antico trucco dell’epoca, usato forse per fornire un ulteriore arricchimento della flora microbica, pare fosse quello di aggiungere, all’interno di ogni bottiglia, un chicco d’orzo.