
SAN GINESIO DOC
Sin dal tempo dei Romani
Come per molti altri vini di produzione marchigiana, anche la storia del vino San Ginesio ha origini antiche, che risalgono ai tempi della dominazione romana. Caduto l’Impero, e superato il periodo critico delle invasioni barbariche, l’intera zona oggi interessata dalla produzione del vino conobbe una felice crescita e ampliamento che vide anche la trasformazione delle antiche vigne e alberate – assai diffuse in epoca romana – in piccoli appezzamenti recintati dove alla coltivazione della vite si associava ora quelli di vari alberi da frutto. Ulteriori importanti innovazioni relative agli impianti e alle tecniche di lavorazione del vino vennero introdotte a seguito dell’unità d’Italia, quando ci si iniziò ad interessare con maggiore perizia e studio alla produzione vinicola. Da quel momento, sino ad oggi, questa cura e dedizione non hanno mai abbandonato lo spirito dei locali produttori di vino che, passo dopo passo, sono riusciti ad ottenere un vino di pregiata – e certificata – qualità.
Il disciplinare di produzione
La Denominazione d’Origine Controllata “San Ginesio” prescrive che le due versioni di vini a cui è applicabile il marchio di qualità osservino una precisa composizione ampelografica. Per il San Ginesio rosso deve essere rispettato il ricorso ad almeno un 50% di uva proveniente da vitigno Sangiovese e almeno un 35% di Vernaccia Nera, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot e Ciliegiolo (presi singolarmente o congiunti fra loro), a cui possono poi aggiungersi, per un massimo del 15%, altri vitigni sempre a bacca nera e coltivabili su suolo marchigiano.
Per il Sangiovese spumante, invece (sia nella versione secca che dolce), deve essere impiegato almeno un 85% di Vernaccia nera, cui possono unirsi, per un massimo del 15%, altri vitigni locali, purché sempre a bacca nera.
Le due versioni a confronto
Ad accomunare le due versioni di San Ginesio è senz’altro il colore rubino acceso, che nella tipologia spumante può arricchirsi di sfumature tendenti al granato e al violaceo. A contraddistinguere il rosso base è il sapore armonico e delicato, che lascia in bocca un senso di gradevole asciuttezza. Lo spumante, invece, oltre al peculiare profumo lievemente fruttato e alla spuma persistente, si distingue per il fondo amarognolo, tipico della sola variante secco.
Paesaggi e confini
Fulcro della zona di produzione della DOC “San Ginesio” è l’omonimo comune, sito nella provincia di Macerata. Ad esso si uniscono i comuni di Caldarola, Camporotondo di Fiastrone, Cessapalombo, Ripe San Ginesio, Gualdo, Colmurano, Sant’Angelo in Pontano e Loro Piceno; tutti facenti parte della provincia maceratese. L’intero territorio presenta caratteristiche piuttosto omogenee da un punto di vista pedo-climatico. Prevale un paesaggio agrario contraddistinto dalla diffusa presenza di vite, boschi e altre colture erbacee, tutti caratteristici elementi dell’agricoltura alto-collinare marchigiana. Fanno da confine naturale il fiume Fiastra, la riva destra del fiume Chienti, e la catena dei Monti Sibillini.
Voci dal passato
È agli storici Salvi e Severini – siamo a metà del Cinquecento – che dobbiamo alcune preziose informazioni riguardanti l’antica presenza della vite nel territorio oggi vocato alla produzione del San Ginesio. Da alcune loro trascrizioni relative a cronache del tempo, apprendiamo che nel 1040 era stata firmata una donazione di alcuni fondi rustici impiegati per la coltivazione della vite. Un’altra importante testimonianza è rappresentata invece dal libro Caldarola e i suoi anni – Ritagli storici, composto da un altro studioso vissuto nell’Ottocento, Giuseppe Caramelli. Pare che in quel periodo la pratica della viticoltura, oltre a diffondersi, avesse conosciuto importanti miglioramenti, dato il riconoscimento – di cui si fa menzione nel trattato – ottenuto da un produttore del luogo nel corso di una esposizione enologica tenutasi nei pressi di Camerino.